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Dal punto di vista semantico ( To mob vuol dire aggredire ) il Mobbing è un atto consapevole di violenza nel mondo del lavoro, spontaneo o tattico, che spinge il soggetto mobbizzato alla disperazione e talvolta al suicidio (specie nelle società a più elevata elaborazione amministrativa e tecnocratica). Tutto questo si può verificare perchè ormai il singolo lavoratore si avverte solo, in preda all’aggressività ambientale o alle disumane richieste di un mondo del lavoro che cambia all’interno delle regole di mercato senza tener conto della struttura e della condizione umana dell’uomo, annullando così le più elementari richieste dell’io. Diciamo intanto che una siffatta concezione del lavoro è in contraddizione con la Costituzione della Repubblica e con la Carta dei Diritti dell’Uomo. Partiamo da un punto fermo, che il Mobbing è una forma di terrore psicologico che viene esercitato sul posto di lavoro attraverso attacchi aggressivi e ripetuti da parte dei datori di lavoro (Bossing), da parte di superiori, ma anche da parte di colleghi. Le forme che il Mobbing può assumere sono molteplici : dalla semplice emarginazione alla diffusione di maldicenze, dalle continue critiche alla sistematica persecuzione e all’assegnazione di compiti dequalificanti. Nei casi più gravi si può arrivare anche al sabotaggio del lavoro e ad azioni illegali. Lo scopo del Mobbing è quello di eliminare una persona che è o è divenuta, in qualche modo, scomoda, distruggendola psicologicamente e socialmente al fine di provocare il licenziamento o di indurla alle dimissioni. Nella nostra, già consistente, esperienza clinica, quale Osservatorio Nazionale Mobbing-Bossing, siamo arrivati alla conclusione che le cause del terrore psicologico sul posto di lavoro vanno ben oltre i fattori caratteriali : si fa Mobbing su una persona perchè ci si sente surclassati ingiustamente o per gelosia, ma anche per costringerla a licenziarsi senza che si crei un caso sindacale e da vertenza legale. Esistono vere e proprie strategie aziendali messe in atto a questo scopo. Il Mobbing causa problemi psicologici alla vittima, ma danneggia sensibilmente l’azienda stessa con un calo significativo di produttività nei reparti in cui qualcuno è mobbizzato. Già Leymann, nelle sue ricerche in materia, condotte nei paesi del centro-nord Europa, aveva dimostrato che il Mobbing può portare fino all’invalidità psicologica e che quindi si può parlare di malattia professionale (la stessa INAIL ha sentenziato in tal senso ultimamente a Cagliari), come fin dall’inizio della sua attività l’Osservatorio Mobbing ha sostenuto. In Svezia un’indagine statistica ha dimostrato che tra il 10 e il 20% del totale dei suicidi in un anno hanno avuto come causa scatenante situazioni da Mobbing. E sempre in Svezia, come anche in Germania, centinaia di migliaia di vittime di Mobbing sono state spinte al pre-pensionamento o addirittura costrette a ricovero in cliniche psichiatriche per gravi disturbi mentali, in particolare per depressione con manifestazioni deliranti. Da una prima sommaria indagine si è visto che anche in Italia il fenomeno Mobbing sta assumendo proporzioni inquietanti e che oltre un milione di lavoratori sono soggetti direttamente alla “malattia” di Mobbing, mentre almeno cinque milioni di persone sono in qualche modo coinvolte nel fenomeno, come spettatori o amici e famigliari delle vittime.
L’Osservatorio Nazionale Mobbing-Bossing, negli ultimi due anni ha
tracciato un profilo del soggetto esposto al rischio Mobbing :
personaggio comune, privo di forti riferimenti parentali, decisamente
integrato nel livello medio della vita dove le regole di una convivenza
astrattamente istituzionale si esprime più nella indifferenza
relazionale che nell’entusiasmo di una partecipazione ai progetti
sociali e culturali. La nuova figura del lavoratore si caratterizza più
per il rapporto che ha col
suo bisogno di salario, che gli consente di avvertire un senso di
integrazione nella società dei consumi, non essendoci valori
rappresentativi e significativi per l’essere, che per la volontà di
incidere nel processo di trasformazione della realtà. Non ha certezze o
rivendicazioni al di fuori delle esigenze materiali di base imposte
dall’appartenenza alla storia del suo momento di cui si sente partecipe,
ma solo in quanto interno ad un processo consumistico comune. Non ha
valori se non quelli inerenti alla sua insicurezza ontologica che lo
espone al rischio della solitudine. E’ indubbiamente l’uomo del momento
: parziale, nevrotico, deluso, ma senza rivendicazioni ideali, fatalista
e attendista, privo di iniziativa se non quella di procurarsi i mezzi
della sopravvivenza, cosciente che ormai tutto è precario. In buona
parte il suo malessere o la sua predisposizione al disaggio sono
strutturali e pertanto accettati come condizione dell’esistenza. Abbiamo comunque accertato che su 100 intervistati per Mobbing circa il
40% aveva avuto almeno un approccio terapeutico in psichiatria per
disturbi somatomorfici, ansia, depressione, attacchi di panico ed
insonnia, pochi invece i casi maniacali, con qualche incidenza di
disturbo ossessivo compulsivo. Il resto configurava l’uomo del momento
nel senso che abbiamo espresso innanzi. Abbiamo poi constatato che i
soggetti mobbizzati erano per almeno il 70% dipendenti da strutture
pubbliche come i ministeri, le grandi aziende di stato, le banche, gli
uffici istituzionali, gli ospedali, le cliniche e la scuola in genere.
Ci è parso di capire che in tali posti di lavoro vige una condizione di
disaggio psicologico per la difficoltà di sentirsi integrati in un
progetto di partecipazione globale e pertanto è la parcellizzazione dei
ruoli che mal si rapporta con l’affettività dell’ambiente. Diciamo intanto che per potere definire nella fattispecie il Mobbing si
devono verificare, per un periodo continuativo di almeno sei mesi ed in
forma vessatoria e lesiva della dignità personale, alcune condizioni
ostacolanti la libertà di opinione, con grave turbativa dell’immagine,
della riservatezza e della libertà del soggetto di esprimersi in materia
di lavoro e di diritti materiali e morali; definire il contenuto
dell’esercizio del potere gerarchico e direttivo aziendale per meglio
tutelare i danni che da questi possono derivare alla persona psicofisica
del lavoratore; le maldicenze ed i condizionamenti diretti e indiretti,
tendenti a creare dubbi profondi di identità dell’io nei confronti di se
stesso, della famiglia e dell’ambiente in cui vive; le manovre
aziendali tendenti a determinare uno stato di dequalificazione
professionale; l’uso strumentale e talvolta abusivo dei richiami, delle
offese di presunta inadeguatezza nei compiti della professione e delle
sanzioni disciplinari al fine di un licenziamento ingiurioso ed
offensivo per una dimissione forzata; l’arroganza del comportamento dei
dirigenti o dei datori di lavoro, non ultima la molestia sessuale sul
luogo di lavoro, che rendono responsabile direttamente o indirettamente
il datore di lavoro per le condotte mobbizzanti messe in essere dai
dipendenti. Il
Mobbing, che va valutato sia nella struttura di base (Mobbing
orizzontale), sia nella struttura piramidale di gestione aziendale
(Mobbing verticale), sia nell’intervento vessatorio e violentemente
aggressivo di entrambe le strutture (Mobbing trasversale), si pone
sempre come fine l’emarginazione del dipendente, in termini di
frantumazione delle sue sicurezze lavorative, psicologiche ed
esistenziali, con l’intento di escluderlo dal suo ruolo di lavoro e di
destabilizzarlo nelle sue difese esistenziali e psicosociali, onde
metterlo in conflitto con se stesso e con la microsocietà in cui si
muove e dentro la quale espleta le sue scelte ed i suoi interessi
sociali e culturali. E’ ovvio che tutto questo mette alla luce una grave
problematica concernente l’organizzazione del lavoro, con i suoi costi
consequenziali, e la qualità del management, che portano ad una
inadeguata soluzione dei conflitti. Gli stessi operatori sindacali
intervengono, in maniera inadeguata, prendendo le difese di una delle
parti senza prendere coscienza del problema, ma restando ad un livello
di rappresentatività parziale che non tiene conto del significato
profondo del conflitto. A nostro avviso uno degli aspetti poco
considerati, ma di estrema importanza, nella possibilità che un’azienda
ha per mettere in atto un’azione di Mobbing e nella conseguente
valutazione del Mobbing stesso, è proprio il ruolo istituzionale che il
sindacato di ogni categoria tende a ricoprire, per fini sociali e di
rappresentatività, dopo un lungo periodo di crisi di funzione, nel
tentativo di riconquistare un nuovo valore giuridico e politico, nel
mondo del lavoro, sminuendo così il valore intrinseco del fenomeno
stesso. All’inizio il soggetto mobbizzato si esprime con la protesta che, via
via, va scemando, sviluppandosi progressivamente in una sorta di
disimpegno nei confronti dell’ambiente di lavoro, per definirsi poi in
un naturale allontanamento dal lavoro. Di pari passo aumenta la
frustrazione esistenziale ed il crescente disadattamento sociale e
famigliare, con comportamenti inadeguati e complesse manifestazioni
depressive, talvolta borderline, clinicamente valutabili (DSM IV) ed
irreversibili. Giova ricordare alcuni dati, emersi anche dagli studi di Leymann, che
riguardano l’esito negativo di una parte dei casi da lui seguiti,
risolti drammaticamente col suicidio. Nel nostro paese dove questi studi
sono molto più recenti, non possiamo ancora dare una valutazione di
analoga gravità clinica del fenomeno Mobbing anche perché il danno
psichico scaturito nel corso dei cosiddetti disturbi d’ansia, tra cui il
disturbo post-traumatico da stress (DSM IV) e gli attacchi di panico,
sono stati finora considerati quadri clinici autonomi e perciò slegati
da una etiologia di ambiente lavorativo, come pure slegati da risultati
drammatici, quali il tentato suicidio ed il suicidio stesso, come
conseguenza delle vessazioni da Mobbing. E’ cosa certa il fatto
che ogni soggetto mobbizzato diventa incapace di far valere le
proprie ragioni e non riesce a pensare ad una nuova collocazione
lavorativa, rendendo difficili le relazioni interpersonali, fino al
punto di pensare di essere direttamente responsabile, per propria
inadeguatezza, di tutto quanto stia accadendo. Attorno a loro si struttura una situazione ambigua e perciò stressante
per l’organizzazione del lavoro, che rappresenta un onere per l’azienda
ed un problema, non trascurabile, per i colleghi di lavoro e talvolta
anche per i dirigenti. Altrettanto avviene di solito nella famiglia,
dove si trasferiscono senza precisi chiarimenti i disturbi del
comportamento e della coscienza, con risultati devastanti sulla sfera
affettiva, sulla capacità di traslazione, sulla simbologia
rappresentativa, sulla vita sessuale e sugli stessi contenuti di
pensiero che mettono in atto un processo di degradazione dello stato
morale e dei legami concreti di partecipazione ad un ruolo sociale. Ed è
proprio dalla carenza di sostegni sociali ed istituzionali validamente
intesi che nasce il grave disaggio esistenziale che causa, con gli
psicostress, veri e propri disturbi psichiatrici, crisi di identità,
senso di inadeguatezza, depressione talvolta esasperata, percezione di
annullamento che può raggiungere il sentimento dell’autodistruzione e
che in ogni caso provoca, con la perdita della propria valenza, dei
danni allo stesso contenuto sociale del lavoro. Dal 1956 in poi la
nascita della psicoimmunologia spinge l’attenzione degli studiosi e dei
ricercatori medici verso la giusta considerazione di una serie di
fattori sociali ed ambientali stressanti che molto facilmente entravano
ed entrano in conflitto spontaneo con la compattezza dell’io, facendogli
così perdere la capacità critica ed insieme propriocettiva del sé. Si è
visto infatti che il sistema immunitario è pesantemente implicato nella
relazione intercorrente tra l’io e la realtà, sotto il controllo del
Sistema Nervoso. Dove questo controllo è reso difficile, se non
impossibile, per l’azione continua di fattori sociali stressanti che si
assommano agli stress affettivi, possono insorgere patologie organiche
gravi ( basta ricordare per tutte le malattie autoimmuni e le malattie
degenerative). Se
pensiamo che nel nostro paese l’incidenza diretta ed indiretta dei casi
di Mobbing supera i cinque milioni, perciò più di tutte le più gravi
patologie messe insieme, dobbiamo affermare che il Mobbing rappresenta
per il mondo del lavoro nazionale, ma possiamo aggiungere globale, un
disturbo epidemico di grande interesse medico, specie per gli
psichiatri, per i neurologi e per i cardiologi, e di non trascurabile
entità per l’economia del paese. Invece, nostro malgrado e grazie ai
faciloni delle analisi sociali e politiche, tendenti sempre al risparmio
post damnum, sta diventando un fenomeno da pretura del lavoro o da
consulenza prettamente sindacale. Proprio in tutto questo si annida la
perversa possibilità di aggravamento del quadro clinico che nei paesi
del nord Europa, in passato studiati sotto questo profilo da Leymann, è
sfociato nel suicidio. Per avere maggiore autonomia e
coscienza nella valutazione del problema Mobbing, vogliamo fare un
accenno sui costi sociale ed economico del Mobbing. Abbiamo visto come la salute
psicofisica del lavoratore mobbizzato è minata da patologie di carattere
fisico e psichico, quali i disturbi cardiovascolari (specie le ischemie
e gli infarti da Mobbing, che l’indagine epidemiologica condotta dai
cardiologi sta mettendo abbondantemente alla luce anche in Italia), lo
stress con palpitazioni e crisi ipertensive, l’ansia libera e
somatizzata, gli attacchi di panico, l’insonnia con incubi notturni, i
deliri, specie quelli persecutori e querulomani, i problemi della sfera
sessuale, gli stati dissociativi, le depressioni ecc. Tali tecnopatie comportano ingenti
danni economici alla vittima, la quale spesso si trova a dover
affrontare prolungate terapie psichiatriche o sintomatiche specifiche,
visite ed indagini cliniche, quasi sempre molto costose. Si aggiunga a
tutto questo il fatto che quando il mobbizzato si rivolge allo
specialista medico per richiedere aiuto sanitario, spesso non lavora più
con conseguente perdita dell’entrata mensile, con lo stipendio. |
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