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La Sapienza
OSSERVATORIO NAZIONALE MOBBING

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Decreto 5192-05


 


ASPETTI GIURIDICI DEL FENOMENO MOBBING

Nell’intento di rendere un servigio autentico al fenomeno  Mobbing al fine di migliorare quanto più sia possibile il rapporto tra io, società e gli istituti che la caratterizzano pensiamo sia indispensabile analizzare i contenuti giuridici riferibili al fenomeno col supporto della giurisprudenza di merito e di legittimità e della più recente dottrina. Il primo principio che ci ha richiamati l’attenzione nella considerazione giuridica del fenomeno Mobbing è quello espresso nell’art.2087 del c.c. che prevede come il datore di lavoro deve adottare tutte le misure necessarie ed idonee per tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori. L’obbligo così previsto non appare limitato al rispetto della legislazione tipica della prevenzione, ma si estende al divieto di comportamenti lesivi dell’integrità psicofisica che sono, tra l’altro, fonte non solo di responsabilità contrattuale per inosservanza della norma anzidetta, ma anche di responsabilità contrattuale per la violazione dei principi di buona fede e di correttezza, artt. 1175 e 1375. L’obbligo sancito dall’art. 2087 c.c. riguarda il dovere del datore di lavoro a tutelare l’integrità morale del lavoratore come piena e sacrosanta trasposizione dei valori costituzionali di cui agli artt. 32 e 41 della Costituzione. La Giurisprudenza più recente unanimemente ha riconosciuto l’esistenza del nesso causale tra malattia morale e/o mentale con le condotte negative e persecutorie del datore di lavoro. Al riguardo, le sentenze pronunciate dal Tribunale di Torino hanno evidenziato a chiare note come la condotta pregiudizievole del datore di lavoro ripetuta e costante è di per sé idonea e sufficiente a reprimere psicologicamente e moralmente il lavoratore, tanto da indurlo all’isolamento ed a recedere dal posto di lavoro. Tra l’altro è bene ricordare che la Psichiatria e la scienza medico-legale  hanno dimostrato in maniera chiara ed univoca la dinamica che collega la sofferenza psichica (disturbi post-traumatici da stress, disturbi emotivi,disturbi psicosomatici ecc.) agli atti ed ai comportamenti negativi del datore di lavoro, resi sul posto di lavoro. Per la prima volta, dunque, grazie alle esperite CTU i Tribunali di Merito hanno inteso il Mobbing come una vera e propria catastrofe emotiva (ansia, depressione, vertigini, cefalea, senso di soffocamento, tendenza all’isolamento, impotenza sessuale e persino l’infarto del miocardio). Se tale è la conclusione della scienza medica e della giurisprudenza non ci resta altro che considerare il danno da Mobbing come una vera e propria malattia professionale, assicurabile dagli Enti previdenziali.   Altro fondamentale principio è quello del neminem laedere  ex art. 2043 del c.c. che stabilisce la responsabilità datoriale per danno arrecato a chiunque per un comportamento doloso o colposo. Il concetto di danno formulato dalla norma si riferisce al danno ingiusto ossia a quello antigiuridico, consistente nella violazione dei diritti assoluti o primari tutelati erga omnes dal nostro ordinamento. Il risarcimento così dovuto non è limitato alle conseguenze che incidono sulla capacità di produrre reddito, ma si estende anche al danno biologico inteso come menomazione dell’integrità psicofisica della persona in sé e per sé, considerata comprendendo anche il valore dell’uomo in tutta la sua dimensione culturale, sociale e morale. Persino la Corte Costituzionale, con la sentenza 184/86, ci ha dimostrato come l’art. 2043 del c.c. prevede il risarcimento di tutti i danni che, almeno parzialmente ostacolano le attività realizzatrici della persona umana. Secondo la dottrina più accreditata, la norma in questione costituirebbe l’unico strumento invocabile laddove esista un pregiudizio alla sfera fisica e morale del lavoratore. Rilievo particolare riveste poi l’art. 32 della nostra Carta Costituzionale, richiamato tra l’altro anche dall’ultima sentenza del Tribunale di Torino che protegge la salute dell’uomo non solo come interesse della comunità sociale, ma anche come diritto fondamentale del singolo. L’interpretazione estensiva dell’art. 32 agevola il collegamento con l’art. 4 della Costituzione che ricorda come la Repubblica riconosce a tutti gli uomini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto, inteso quale strumento essenziale dell’uomo per la sua realizzazione. Tale diritto poi rende più significativa l’applicazione dell’art. 3, II° comma, della Costituzione, che dispone che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini ed impediscono il pieno sviluppo della persona umana, l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese.  Anche se il Mobbing non è previsto come reato, tuttavia la condotta del datore di lavoro ben può inquadrarsi in alcune fattispecie criminose come l’abuso di ufficio, le molestie sessuali e le lesioni personali, ex art. 590 c.p. Le molestie sessuali , ad esempio, poste in essere dal datore di lavoro e/o dai colleghi di lavoro, costituiscono comportamenti tra i più detestabili tra quelli che possono ledere la personalità morale e l’integrità fisica dei prestatori d’opera subordinati. Attualmente in Italia non abbiamo ancora una legge sul Mobbing e tranne la legge regionale della Regione Lazio esistono soltanto alcune proposte di legge. A livello europeo invece importante è stata la Risoluzione n. A5-0283/02 che esorta gli stati membri a disciplinare il fenomeno.
 

 

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