Università degli studi di Roma La Sapienza |
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Negli studi finora condotti si è potuto constatare che alla base dei processi di Mobbing si evidenzia molto spesso un conflitto concernente l’organizzazione del lavoro non adeguatamente gestito per cui diventa un conflitto personale. In alcuni casi non è l’organizzazione del lavoro in sé, ma la personale interpretazione di un dirigente o di un operatore aziendale con compito di supervisore, che da il via a situazioni stressanti irreversibili che poi sfociano nel fenomeno Mobbing per depistare stati di inettitudine dirigenziale e decisionale, a scapito del soggetto ritenuto più fragile psicologicamente o più esposto socialmente. Comunque sullo scenario del terrorismo psicologico e delle vessazioni, dello stile spesso ambiguo e certamente insicuro e confuso dei mobbizzati nell’esporre i propri problemi sono stati spesso riscontrati problemi concernenti una cattiva gestione del lavoro, una scarsa capacità del management, la presenza di norme interne ambigue o comunque poco chiare, ruoli mal definiti o di comodo e contraddittori. Da tutto questo ne deriva talvolta una cattiva e confusionaria gestione del conflitto che vede i dirigenti prendere le parti in maniera indiscriminata o utile soltanto a loro senza prendere coscienza del conflitto, anzi ignorandolo, facendo finta che una situazione di Mobbing non esiste. La stessa personalità pre-Mobbing viene spesso sfruttata negativamente per discolpare il mobber o per dimostrare, con l’aiuto delle istituzioni, che l’azienda non ha alcuna responsabilità o che comunque il conflitto sorto nell’ambito dell’ambiente di lavoro è stato determinato da precedenti disturbi psicologici e traslativi del soggetto mobbizzato, legati alla sua personalità, al suo carattere ed ai suoi specifici problemi personali e sociali, senza perciò tenere conto dei fattori ambientali e situazionali inerenti al lavoro; vengono allora utilizzati procedimenti stereotipaci per stigmatizzare il mobbizzato ponendolo in cattiva luce e creando in lui stati confusionali e di crisi esistenziale, famigliare e sociale, in un clima ossessivo di pregiudizi e di condizionamenti che portano poi ad una crisi di identità o ad una dissociazione mentale a gravi contenuti depressivi. Si è notato che anche tra i colleghi di lavoro non direttamente investiti primariamente dal fenomeno Mobbing si viene spesso a creare una situazione di protesta iniziale, con rivendicazioni e conflitti denunciati, fino ad uno scontro diretto con l’organizzazione del lavoro che in alcuni casi raggiunge anche il licenziamento spontaneo o forzato. Tra coloro che invece restano nell’organizzazione, vuoi per paura di rimanere senza lavoro, vuoi per condizionamenti manageriali ed istituzionali, si viene a formare una specie di corazza psicologica che ostacola una forma di libero contatto obiettivo e criticamente costruttivo. Talvolta i pazienti si autoconvincono di essere loro stessi la causa di tutto il dissesto psicologico ed organizzativo del lavoro, venendosi così a trovare in un processo altamente distruttivo e vessatorio per il sé e per il suo equilibrio psicofisico. Il fatto stesso di considerarsi realmente malato, soggetto a grave stato di stress, il mobbizzato avverte un senso profondo di inadeguatezza e di sfiducia in sé e negli altri che lo rende incapace di realizzare le istanze del compito assegnatogli e le stesse sue capacità traslative e sociali. Per tutti questi motivi i mobbizzati hanno paura di cambiare lavoro e quindi si trincerano sempre più nel passato considerando catastrofica e altamente lesiva l’eventuale perdita del posto di lavoro coperto dentro l’organizzazione.
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