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Domandiamoci cosa vuol
dire essere uomini liberi. Uomini liberi, in un determinismo da regime,
come quello dell'attuale mondo occidentale, tecnocratico e rivolto alla
considerazione dei problemi politici ed economici, spostando l'uomo ai
margini della realtà, vuol dire adeguarsi al condizionamento naturale
operato dalla storia. I fatti che stiamo vivendo lo testimoniano con
molta chiarezza: prendiamo in esame uno di questi fatti. La
comunicazione ha reso possibile la presa di coscienza universale della
condizione dell'uomo, spesso ingiusta ed immorale. Ciò è stato possibile
grazie alla globalizzazione che, nata per esigenze capitalistiche di
mercato, non si è resa conto che apriva le porte dei suoi privilegi ai
popoli economicamente e civilmente meno sviluppati e sfruttati. S'è
verificata così una richiesta di umane considerazioni dove, fino ad
allora, imperavano la fame, la patologia e i più gravi problemi sociali,
mancanza di libertà, repressione politica, regimi militari, pena di
morte, carcere e così via. I "dannati della terra" hanno iniziato a
rispondere con la violenza e con gli attentati, e dove non è stata
possibile una ricomposizione dei problemi sono scoppiate guerre, spesso
catastrofiche e di sterminio. I mali dell'occidente, comunque, nascono e
crescono nell'occidente stesso: la crisi strutturale dell'economia, dopo
lunghi anni di guerra fredda, ha spinto l'America verso scelte
sconsiderate e male interpretate. Dal Vietnam all'Iraq: non si è rasa
conto che le sue erano e sono guerre perdenti perchè non affrontano i
problemi dell'uomo, ma li esasperano con fini che nulla hanno a che
vedere con gli interessi dei popoli. Per esempio, ha utilizzato Saddam
Husseim per realizzare i suoi obbiettivi in politica petrolifera, ma
quando poi l'ha tolto dalla scena politica ha privato quell'angolo del
mondo islamico di una figura di equilibrio storico. S'è data, come si
suol dire, la zappa sui piedi, e l'attentato ambiguo dell'11 settembre
lo dimostra: anche qui ci sarebbe da fare una riflessione sull'iniziale
rapporto di amicizia tra la famiglia Bush e la tribù di Bin Laden. Ma
arriviamo ai nostri giorni: l'invasione pacifica del nostro paese, con
l'arrivo incontenibile di migliaia di profughi dai paesi del Nord
Africa, senza dimenticare quelli provenienti dalla Cina e dai paesi
asiatici o dall'India. Si verifica un mescolamento razziale e culturale
(che potremmo considerare quasi fisiologico per il momento storico che
stiamo vivendo), ma non trascurabile per la concentrazione inquietante
di una cultura islamica integralista, rigida e conservativa, la quale
tenta di mettere in discussione la nostra cultura e la sua naturale
conservazione. La vicenda vissuta dal Papa Benedetto XVI, in seguito al
commento da Lui fatto nei confronti della violenza nelle religioni, è
quanto meno un segnale di grave situazione geo-politica che vuole
cambiare l'attuale rapporto di forza tra i vari continenti e tra le
differenti civiltà. Da una parte abbiamo gli USA preoccupati per gli
scacchi storici subiti in seguito a scelte strategiche sbagliate (e
scellerate) e dall'altra l'Europa emergente che impensierisce il
capitalismo americano per il suo crescente consolidamento politico ed
economico che guarda, come espansione naturale, verso l'Asia, la Cina e
il Giappone. L'obiettivo dell'America è quindi quello di destabilizzare,
quanto più sia possibile, questa iniziativa. All'interno di tale disputa
economica e politica s'inserisce il problema del Medio Oriente,
aggressivo e rivendicativo e la falsa politica (filo-americana) di
Israele, che rivendica i suoi diritti servendosi dell'equivoco storico e
dell'olocausto, causando massacri e squilibri storici ed umani. Il
nostro paese (l'Italia) è diventato un porto per i così detti
extracomunitari. Il mio non è un discorso xenofobo, anzi va incontro ai
diritti e alla dignità di questi popoli, perchè nasce dal rispetto
dell'uomo, sotto ogni latitudine, e dalla necessità di conservare la
cultura, come garanzia della conservazione della specie (fine assoluto
di tutta l'umanità). Il rischio di trovarci davanti ad una prossima
esplosione bellica (generalizzata) nel bacino del Mediterraneo e ad
un'implosione sul territorio nazionale, certamente determinata
dall'Islam o dai Cinesi (che molto hanno investito economicamente -e non
è vero che questo ha avvantaggiato la nostra economia perchè la
ricchezza finanziaria, che ci hanno versato in cambio, era già stata
recuperata
all'interno della nostra economia, con l'aggravante che la loro
"anarchia" economica ha messo in crisi il nostro mondo del lavoro-) è
grande. E' questo il momento di agire in politica, per non restare
schiacciati dagli eventi storici futuri. E' necessario uno sbarramento
ferreo nel Mediterraneo per arrestare le immigrazioni, senza temere i
dictat di Gheddafi (o di altri), che in passato ha scacciato dalla Libia
i nostri concittadini, non
chiedendoci il permesso. Adesso temiamo pure le minacce dei musulmani
che bruciano le nostre bandiere e sfidano il Papa, minacciandolo di
morte. Per favore, non confondiamo la cultura e i valori con l'ignoranza
e con la violenza. E non raccontiamoci che questo vuol dire attizzare il
fuoco per uno scontro tra civiltà: purtroppo ormai una grande guerra è
impressa nel destino dell'uomo; sarà una guerra che segnerà la vera fine
di un'era, quella del capitalismo logoro e decadente, per una nuova era
che richiede un diverso assetto geo-politico e una diretta
considerazione dell'uomo e del suo pianeta (la terra), con una più equa
ripartizione delle risorse. La mia è un'analisi attenta, anche se
inquietante, che può sembrare fantapolitica e lontana, ma su questi
temi, appena abbozzati, vorrei che tutti gli uomini si pronunciassero
perchè questo momento è uno dei più importanti momenti della storia
dell'uomo e della sua conservazione in quanto specie. prof. Antonio Vento 21/09/06 |
Tel.06-49918107, cell. 338-7710372,
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