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LO STRESS DEL CONSUMATORE
La nostra viene da tutti definita l’era
della tecnologia, e tutti fanno a gara nel cantare le lodi e
nell’enumerare i pregi: chi non è d’accordo (come me) è un matusalemme,
e quasi non ha ragione di esistere, salvo che non si avverta la
sofferenza del grande progresso, con stress somatizzato, con insonnia e
con mal dell’esistere: in tal caso i matusalemme (come me - psichiatra)
servono a rimettere a posto le cose, senza l’intervento di questa, tanto
declamata, tecnologia.
Andando oltre questa rapida premessa, vi racconto un’altrettanto rapida
esperienza, da me vissuta nella veste di un anonimo utente: consumo,
come la gran parte dei cittadini romani, il gas di città. L’azienda, non
si sa come, ha pensato bene di gonfiare il mio consumo di gas, con
bollette approssimate in rilevante eccesso, fino a quando non è
sopraggiunto il fatidico momento del conguaglio, che non poteva non
riconoscermi un abuso di attribuzione di consumo, quantizzato (!) in
euro 1020. E qui inizia lo stress del recupero: ricevo una lettera
dell’azienda, dove mi si comunica l’accaduto, nella quale viene indicato
un numero verde da cui ricevere istruzioni in merito. Ed ecco che, di
nuovo, cado nelle braccia dell’astuta tecnologia: al disco parlante
lascio i miei dati e le mie richieste, per una risposta che non riceverò
mai. Fino a questo punto i fatti, seppure gravi e stressanti per un
utente, camminano nel comune ordine delle cose. Devo dire che, per mia
caparbietà e forse anche per curiosità, ho voluto sapere cosa ne
pensassero gli organismi che si pubblicizzano come difensori dei diritti
dei cittadini utenti. Ho scelto due, a caso: 1) Adiconsum, dove il
solito col center di turno mi liquida con due numeri di telefono, da
cui non riesco a ricevere alcuna risposta, pur avendo provato per circa
mezz’ora. 2) Movimento Difesa del Cittadino (affascinato da cotanta
dicitura) dove la col center mi sciorina, come una mitragliatrice, senza
alcuna pietà per un matusalemme come me, il numero dell’ufficio legale
del movimento (che mi è parso più statico che in movimento), verificato
staccato per un’altra buona mezz’ora (forse chi avrebbe dovuto
rispondermi stava degustando un flagrante caffè al bar accanto). Tutta
l’operazione, compresa la stesura di questa pagina, è durata circa tre
ore: tre ore sacrificate alla banale vita di tutti i giorni; ore oscure,
stressanti e prive di valore umano. Non è forse questo un modo di
soggiacere alla tecnologia? Io, comunque, il mio problema non l’ho
risolto (anche se saprei come fare per risolverlo!!): resta la delusione
e l’amarezza dell’utente.
30-03-07
Prof.
Antonio Vento
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