Università degli studi di Roma La Sapienza |
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LA STORIA E’ FINITA Ho avuto il piacere d’incontrare Giulio Andreotti, in più occasioni, direi anzi in più eventi, nel significato che Heidegger dà dell’evento in “Tempo e Essere”, dove l’evento stesso segna il tempo e diventa assoluto, come il nostro destino e, oggi, essendo venuto a conoscenza che il suo tempo è finito, mi è uscita dalle labbra tale espressione: “La storia è finita”. Ho avuto il piacere di ascoltarlo, qualche anno addietro, alla commemorazione di Spadolini: parlava a braccio, con estrema fluidità e con grande precisione storiografica, dove gli altri commemoratori leggevano il loro discorso. Cinquant’anni di storia, dopo la seconda grande guerra, che ci aveva fatto vivere le angosce e i disastri del fascismo e del nazismo, hanno testimoniato l’orgoglio e la forza di volontà di un paese che aveva subito una crisi profonda, per uscire dalla quale era necessario superare i fumi delle ideologie: il Partito Popolare, la DC di De Gasperi, il PCI di Togliatti, il PSI di Nenni, tutti insieme si impegnano, firmata la pace, a traghettare il paese fuori dalle macerie della guerra, che aveva visto fronteggiarsi fascisti e Resistenza, per una ripresa economica che partiva dalla divisione dei due blocchi, Ovest ed Est, col muro di Berlino e col riconoscimento dell’egemonia delle due grandi potenze, Russia e America, che per anni si fronteggeranno con la guerra fredda, mantenendo i due schieramenti planetari sotto il totale controllo economico e strategico. Nasceva un nuovo colonialismo, che ancora oggi subiamo. Su questo scenario di politica internazionale e con la protezione del Vaticano cresceva sempre più la figura politica di Giulio Andreotti, personaggio astuto e intrigante, abile nell’organizzare i problemi dello Stato e i rapporti politici ed economici internazionali. Forse anche spregiudicato: la sua storia partitica (con i suoi circa centomila elettori) collude con fatti inquietanti, come la morte di Lima, di Sindona e Pecorelli e i rapporti con Calvi e Gelli, fino alle nebulose vicende che lo descrivono in stretti rapporti con la mafia siciliana e con le stragi dei magistrati di Palermo. La storia della prima Repubblica è comunque una storia solida, ricca di eventi e di personaggi che mostrano una precisa identità fino al governo del CAF: basta ricordare la vicenda di Sigonella, dove Andreotti e Craxi fermano gli americani di Regan. La fine delle ideologie trasforma la cultura della politica in mercato della politica, dove trovano spazio ed avanzano gli affaristi e i banchieri, i quali riducono la politica in un personale strumento di potere, coadiuvati da un decadimento morale della magistratura e, di conseguenza, anche della società, che non trova più riferimenti culturali umanistici né sostegno etico. I politici di oggi, della seconda Repubblica, sono quasi tutti personaggi culturalmente impoveriti, che non producono idee di sviluppo mentale, ma si adagiano e si adattano passivamente alla scalata della tecnologia ed alla centralità del potere economico. L’uomo ormai è periferico, inesistente, né gli sforzi della chiesa riescono a compensare l’angoscia esistenziale che lo destina progressivamente alla solitudine e alla depressione. Non dimentichiamoci che ogni giorno, nel nostro Paese, si suicidano da dieci a dodici persone, con alta percentuale di giovani ed assistiamo ad omicidi efferati. Viene perciò spontaneo pensare che la storia è finita e la morte di Giulio Andreotti è l’estrema testimonianza. Prof. Antonio Vento
Roma 07-05-2013 |
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