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RIFLESSIONI POLITICHE

Sono già passati venti anni da quando “mani pulite” (ma non tanto) ha sentenziato la fine della prima repubblica per dare vita ad una presunta nuova repubblica che doveva, nel tempo, accantonare la politica, in quanto strumento egemone di potere, sostituendo ad essa l’economia, cioè le banche, proprio mentre un attacco concentrico alla nostra cultura veniva sferrato da più parti, per aprire le porte alla globalizzazione, con la sua tecnologia e con internet. Tale attacco è stato, senza alcuna ombra di dubbio, programmato dalle multinazionali americane e dalla destra economica che, dopo la caduta del muro di Berlino e la fine della lotta al Comunismo, riorganizzavano le fila della FBI e della CIA sui più attuali temi del controllo mondiale della finanza e del mercato. La Cina si faceva sempre più avanti e l’America, cosciente della sua impotenza nei suoi confronti, iniziava un processo d’intimidazioni strategiche inventando pericoli inesistenti, anzi preparati e innescati dai suoi servizi segreti. Colpiva i piccoli e gli inermi, facendoli passare per terroristi, per cercare di nascondere le sue fobie storiche e il sentimento d’impotenza che la percorreva e la percorre in lungo e in largo per la crisi fisiologica del capitalismo e dell’industria: lanciava un nuovo modello di potere, servendosi della comunicazione e quindi di una nuova fonte di ricchezza, con la telefonia e con internet. Questo però non la preservava del tutto, rispetto alla crisi finanziaria e soprattutto rispetto alla crescente disoccupazione: servivano meno braccia e più menti autocontrollate e insieme controllate dai sistemi spionistici, che si ponessero, come primo obiettivo, la fine della politica e la supremazia della finanza. Ogni spicchio della faccia del pianeta veniva accuratamente studiato, analizzato e progettato. Per l’Italia venne progettato un programma di radicale pulitura della politica che, con Craxi e Andreotti, aveva “osato” l’affermazione di una certa autonomia per la democrazia, messa bene in evidenza, nell’ottobre del 1985, a Sigonella, col rifiuto di consegnare agli americani e a Reagan Abu Abbas. Tale programma si avvaleva di due punti di forza: l’azione di “mani pulite” che partiva da una precisa commissione tattica il cui fine era quello di criminalizzare, come già era stato fatto con i mafiosi, con i camorristi, con la sacra corona e con la ‘ndrangheta, tutti i politici scomodi, non per il loro peso morale, ma solo perché fuori dalla loro diretta giurisdizione, soprattutto perché alcuni politici erano riusciti in vari modi (col consenso clientelare o con le collusioni malavitose) a conquistarsi un solido potere personale; l’altro punto era la costituzione di un movimento di controllo politico ed industriale, la Lega del Nord, il cui compito era quello di gestire l’elettorato del nord del paese, sotto il diretto controllo delle banche anglosassoni ed americane. Intanto, con Prodi, padre delle privatizzazioni, che danno un primo duro colpo all’economia italiana e aprono il corso dei licenziamenti e del trasferimento delle fabbriche in paesi dove il costo del lavoro è minore, aveva inizio quel processo di scollamento progressivo tra politica e società. Da questo momento è cresciuto sempre più il dissenso e soprattutto i giovani, che non trovavano prospettive di lavoro, si emarginavano rispetto alla confusa politica degli intrallazzi e della frode, non trovando punti di riferimento culturali e divenendo sempre più ostaggi della tecnologia. Il ventennio di Berlusconi da una parte è servito a creare uno stato di speranza di rinnovamento, che però presto si rivelava illusorio e privo di fondamenta per la democrazia del lavoro, aggravando lo stato di crisi dell’economia e innescando un processo di crescente disoccupazione, dall’altra dava progressivamente corso ad una presa di coscienza generale della nullità della politica, che si vestiva ancora una volta di  corruzione e di decadimento morale. La sinistra era assente. Inutili pure le altre alchimie partitiche. Ormai tutti i politici, indistintamente, rappresentavano, come rappresentano, il fallimento della democrazia: Platone, nel VI° secolo avanti Cristo scriveva che la Democrazia è la peggiore forma di dittatura, e il nostro presente lo conferma. Il governo dei tecnici, tanto decantato, continua lo sfruttamento iniziato dal governo Prodi con l’euro che dimezzava il potere di acquisto e colpiva le frange meno abbienti, sostenendo che per superare la crisi bisogna aumentare le tasse. Questo non è un atto d’intelligenza politica, degna di un professore o di un rettore, ma un volgare modo di sfruttare la povera gente. E’ l’evasione fiscale che bisogna colpire, a partire da coloro che rubano o consumano i soldi pubblici senza che la gente ne tragga alcun vantaggio: dove vanno a finire tutti questi soldi rastrellati dalle tasche dei contribuenti, con tecniche da strozzinaggio come nelle banche (che comprano l’euro con l’interesse dell’1% e lo vendono ai cittadini, già spolpati, al7%. Dove vanno a finire i soldi rapinati da Gerit-Equitalia? Perché non vengono tolti i finanziamenti dei partiti, dato che ormai la politica ha dichiarato fallimento? Forse per lasciarli ai vari Bossi del momento o a quelli che verranno? Se non si riprende la strada del rispetto dell’uomo, con una nuova filosofia neoumanista, se non si darà a tutti i cittadini una possibilità dignitosa di vita, contro le sperequazioni e i soprusi , se non si consentirà a tutti, giovani e anziani, donne e uomini, di esprimersi liberamente, presto in Italia si ricomporranno i movimenti di protesta, che non saranno più visti dalla gente comune come gruppi di “terroristi”, ma semplicemente gruppi di avanguardie che guideranno il popolo italiano verso obbiettivi unitari e rivoluzionari che finora mancano tra le pagine della storia d’Italia. Fino ad oggi, grazie ai controlli delle potenze straniere, il nostro paese ha avuto soltanto i moti segreti, come i Carbonari, la massoneria, la mafia e la ‘ndrangheta, che i magistrati si vantano di combattere, ma non di distruggere, perché a qualcuno fa comodo così: i sequestri dei beni delle mafie a chi vanno? Perché invece di distribuirli a destra e a manca, senza alcun criterio, con l’alibi del rafforzamento delle associazioni che, a mio avviso, spesso complicano le cose perché servono, col loro operato, a coprire le magagne e le contraddizioni dello stato, che dovrebbe assumersi in prima persona le responsabilità di governo, non vengono venduti per sanare la crisi, invece di inveire sui cittadini con gli aumenti smoderati sul costo dei prodotti (come la benzina), con l’IMU, con i tagli sulle pensioni e sul lavoro, non investendo più sulla cultura e sulla scuola? E poi vorrei rivolgere alla stampa e agli inquirenti una domanda: Perché non s’interviene subito, con decisioni operative, quando si evidenziano dei reati chiari, che non hanno bisogno di lunghe indagini, come nell’appropriazione di soldi o di beni pubblici, come nel peculato, come nell’utilizzazione delle strutture pubbliche (per esempio politica e Università) a vantaggio personale o delle rispettive famiglie? Dov’è finita la rapidità di giudizio di cui si servì “mani pulite”, coi suoi interventi sommari? Forse si ha paura dei suicidi? E, se così è, perché non si riflette un po’ sui suicidi giovanili e su quelli degli “incarcerati”? Una cosa è certa: “I grandi cambiamenti storici si verificano quando il dato oggettivo e quello soggettivo si incontrano”, e questo è uno di quei momenti.

Ce n’è di materia su cui riflettere, ma ogni riflessione è inutile se non si mette da parte l’arroganza del potere e con umiltà si inizi un processo di ristrutturazione politica, economica e culturale la cui centralità sia occupata dall’uomo.

 Prof. Antonio Vento

08-04-2012
 

 

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