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La Sapienza
OSSERVATORIO NAZIONALE MOBBING

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Indice


PROGETTO DI LEGGE NAZIONALE IN MATERIA DI MOBBING

CONSIDERAZIONI PRELIMINARI:

La civiltà di un Paese si misura sulla dignità e sul rispetto che tutti i cittadini ricevono dalle Istituzioni, il cui compito è quello di tutelare i loro diritti e garantire l’osservanza dei loro doveri.
Nell’ambito specifico del rapporto di lavoro è sempre più avvertita l’esigenza di una maggiore tutela della sicurezza e della salubrità dell’ambiente, non soltanto fisico, ma anche umano, nel quale esso si svolge, secondo i principi sanciti dalla Costituzione e dalla normativa, sia nazionale, sia europea.
In tempi recenti, si è avvertita l’esigenza di combattere le situazioni di vessazione e di violenza, fisica o psicologica, con ripercussioni di danni biologici, esistenziali e morali, realizzata in ambito  lavorativo con metodi, come il demansionamento o il sovraccarico di lavoro o come qualunque altra manovra alienante o escludente il soggetto dai suoi compiti di mantenimento e di sviluppo delle sue mansioni e dei suoi incarichi, imposti al fine di umiliare i lavoratori e provocarne le dimissioni. Tali metodi causano gravi disagi organici, psichici, esistenziali e morali, come è stato documentato anche sul piano clinico.
Il Mobbing, di cui questa legge si interessa direttamente, viene definito Mobbing aziendale per differenziarlo dal Mobbing sociale che, di recente, è apparso, anch’esso sulla scena della vita civile (problema della violenza nelle famiglie e dentro le scuole; sfruttamento minorile e delle donne, anche sotto il metodo della prostituzione, etc.) e che deve costituire materia di altra legge specifica.
La Magistratura del Lavoro, oltre a manifestare una certa disparità di giudizio, è andata incontro a rilevanti difficoltà nell’elaborare i principi in materia di Mobbing a causa di una scarsa scientificità nello stabilire il nesso di causalità tra la condotta mobbizzante e le lesioni organiche e psichiche subite dal soggetto mobbizzato. E’ necessario, pertanto, stabilire delle regole precise che garantiscano, quanto più possibile, un giudizio certo e condiviso verso questo aspetto legale del problema.
Pertanto, al fine di avere degli elementi certi per stabilire quale sia il rapporto causale tra lo stato di salute psicofisica e le condizioni stressanti e mobbizzanti denunciati dal lavoratore, è necessario aprire un fascicolo sanitario soggettivo per tutti i lavoratori, con l’intervento del Medico del Lavoro Competente e dell’INAIL che, nel rispetto della privacy, prendono atto delle condizioni di salute di ogni dipendente al momento dell’assunzione.Tale fascicolo dovrà contenere, oltre ai dati personali e la documentazione sanitaria del lavoratore, una personale cartella clinica, con i dati anamnestici, accompagnata dalla registrazione della somministrazione del test MMPI-2.
Mediante questo strumento è possibile comparare lo stato di salute di ogni dipendente, in ogni momento dell’iter di lavoro, facilitando il compito di giudicare dei Magistrati del Lavoro.
Accertato il nesso di causalità tra la condotta di vessazione e i danni psicofisici denunziati dal lavoratore e, quindi, accertata una situazione di Mobbing, occorre stabilire chi debbe essere considerato responsabile dei danni subiti dal lavoratore.
In proposito, se si parte dalla premessa che l’ambiente di lavoro deve rispettare le condizioni ambientali di salute stabilite dalle leggi e dalla medicina ufficiale, la responsabilità di base deve essere attribuita al vertice aziendale i cui dirigenti sono tenuti a fare rispettare le regole di convivenza aziendale e a mantenere l’ambiente di lavoro nelle condizioni che garantiscano lo stato di salute fisica e psichica dei lavoratori. Pertanto il datore di lavoro e i dirigenti aziendali sono responsabili di qualunque danno psicofisico subito dal dipendente mobbizzato.
Ai fini del risarcimento del danno va accertato giudizialmente se si tratta di danni reversibili o irreversibili e valutati come danno biologico da quantificare in termini percentuali rispetto alla capacità lavorativa generica. Vi è poi tutta una tipologia di danni che sono la conseguenza del danno di base e che vanno dal danno morale a quello esistenziale, dal danno professionale alla lesione dell’immagine, dal danno alla vita di relazione (compresa quella affettiva) alla perdita di chance la cui valutazione sarà rimessa al giudizio, anche in via equitativa, del Magistrato del Lavoro.
Le vessazioni, mirate e sistematiche, verso il lavoratore, in non pochi casi, causano anche esiti autolesionistici e suicidari e, a volte, causano anche aggressività verso terzi. In questi casi, quando viene accertato il nesso di causalità tra i fatti vessatori subiti nell’ambiente di lavoro e gli atti aggressivi verso se stessi o verso altri, va prevista una responsabilità penale a carico dell’autore o degli autori degli episodi mobbizzanti, con la previsione di un periodo di detenzione da sei mesi a tre anni, sempre che i fatti contestati non integrino la fattispecie di altri reati specifici come maltrattamento, la lesione personale, la diffamazione, l’ingiuria, abuso di ufficio etc.
E’ possibile anche individuare una responsabilità colposa del datore di lavoro e dei vertici aziendali, che non siano direttamente responsabili dei fatti di vessazione, per avere omesso di esercitare la normale vigilanza sull’ambiente di lavoro.
Il riconoscimento delle responsabilità civili e penali di cui sopra, oltre al valore risarcitorio e riparatorio per le violazioni dei diritti umani e per la mortificazione della dignità dei lavoratori, hanno un chiaro valore nell’ambito della prevenzione, dove una carenza legislativa o un atteggiamento di lassismo istituzionale consentirebbero la proliferazione dei comportamenti mobbizzanti, causando uno stato di disaffezione istituzionale da parte dei cittadini, che cozzerebbe con i principi di democrazia e di civile convivenza.
Il Disegno di Legge che segue si differenzia da tutte le altre proposte formulate da tutte le forze politiche in Parlamento perché, partendo dalla giurisprudenza formatasi in questi ultimi tempi nelle aule giudiziarie, aggiunge alcuni elementi nuovi ed originali e formula soluzioni che si ritiene siano adeguate alla devastante realtà del grave fenomeno:

1)     la responsabilità diretta del datore di lavoro e del dirigente pubblico o privato;

2)     la predisposizione di una cartella clinica in grado di attestare lo stato di salute fisica e psichica del lavoratore al momento dell’assunzione al lavoro;

3)     la introduzione della figura di reato di Mobbing e la previsione di una responsabilità colposa del datore di lavoro e del dirigente pubblico o privato;

4)     la pubblicità della sentenza di condanna del mobber come deterrente.

PROPOSTA DI LEGGE:

ART. 1°) Definizione di Mobbing:

Ai fini della presente legge, per Mobbing si intende qualunque attività di persecuzione e di vessazione posta in essere dal datore di lavoro o da soggetti sovraordinati ovvero da altri colleghi (Mobbing verticale e/o orizzontale), in danno dei lavoratori dipendenti, pubblici o privati, qualunque sia l’intento dell’agente da ritenere comunque illecito. L’attività persecutoria, per essere considerata Mobbing, deve consistere in episodi ripetuti e protratti nel tempo (almeno sei mesi) in modo da apparire mirata e sistematica. Essa può consistere in qualunque attività che provochi uno stato di umiliazione e di sofferenza psicologica del dipendente come i maltrattamenti verbali, gli insulti, le incolpazioni immotivate, le molestie, la ostentazione di disprezzo o di ostilità, la sottrazione di mansioni, lo spostamento immotivato dalla sede di lavoro, lo svilimento dell’attività lavorativa, il sovraccarico di lavoro, i controlli esasperati, l’esclusione da iniziative formative, la discriminazione per motivi di sesso o di abitudini sessuali, di religione, di razza e di qualunque altra condotta che possa qualificarsi persecutoria o vessatoria.

ART. 2°) Responsabilità Civile per i Casi di Mobbing:

Il datore di lavoro, il dirigente aziendale e il rappresentante legale dell’ente pubblico o privato da cui il lavoratore dipende sono responsabili, in solido con l’autore della condotta mobbizzante, per tutti i  danni psicofisici provocati al lavoratore e per ogni altro pregiudizio economico e morale da questi subito, compresi i danni conseguenti alla alterazione dell’ambiente familiare e delle relazioni affettive e sociali del lavoratore (“secondo Mobbing”), a meno che non dimostrino di avere adottato tutte le cautele in grado di evitare l’insorgere di tale condotta.

L’esistenza del danno psicofisico potrà essere dedotta comparando la salute mentale e fisica del lavoratore con quella risultante dalla certificazione contenuta nel fascicolo sanitario soggettivo di cui all’art. 4, a meno che non venga dimostrato che il danno psicofisico sia stato determinato da elementi indipendenti dal rapporto di lavoro.     

ART. 3°) Responsabilità Penale per i Casi di Mobbing:

Chiunque, nell’ambito del rapporto di lavoro pone in essere una condotta di persecuzione o vessatoria alla stregua di quanto previsto nell’art. 1, viene punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 20.000,00 euro a 100.000,00 euro, salvo che la condotta non integri altro reato previsto dalla legge penale.
La pena viene aumentata da un terzo alla metà se autore della condotta mobbizzante sia il datore di lavoro o un superiore gerarchico, sia pubblico che privato, che agisce usando dei suoi poteri e della sua posizione sovraordinata.
Se dalla condotta mobbizzante il soggetto è indotto al suicidio e questo viene realizzato, l’autore della condotta è punito a norma degli art. 584 e 585 del codice penale. Altrimenti il delitto è punito a titolo di tentativo.
In ogni caso il datore di lavoro o il dirigente aziendale o il rappresentante dell’ente pubblico dal quale il lavoratore dipende risponde della condotta mobbizzante a titolo di colpa per avere omesso di esercitare la normale vigilanza sull’ambiente di lavoro.

ART. 4°) Adempimenti Obbligatori all’Atto dell’ Assunzione al Lavoro:

L’assunzione al lavoro del dipendente, privato o pubblico, dovrà essere accompagnata dalla registrazione del test MMPI-2 compilata da una struttura pubblica, con l’intervento del Medico del Lavoro Competente e dell’INAIL. Il documento contenente gli esiti del test dovrà essere contenuto in una cartella clinica con tutti gli altri dati sanitari del dipendente e conservato nel fascicolo sanitario soggettivo del lavoratore.
Il contenuto del fascicolo dovrà essere tenuto assolutamente riservato e la sua tenuta sarà sottoposta alla normativa sulla privacy.
Il dipendente mobbizzato potrà comunque esibire, in sede legale, le documentazioni cliniche specialistiche e le relazioni medico legali, rilasciate da strutture pubbliche o da sanitari privati da lui scelti, comprovanti il suo stato di malattia e le terapie a cui si è sottoposto.
Il datore di lavoro è tenuto ad esibire il fascicolo su ordine del Giudice o a richiesta dell’interessato.

ART. 5°)  Ordine di Cessazione degli Atti di Vessazione:

Qualunque dipendente, pubblico o privato,che sia sottoposto a condotta mobbizzante come prevista dall’art. 1, può rivolgersi in via di urgenza al Giudice del Lavoro competente per territorio, con le modalità di cui all’art. 413 del codice di procedura civile,  chiedere un provvedimento di immediata cessazione delle attività di persecuzione e di vessazione, senza il preliminare tentativo di conciliazione di cui all’art. 410 del codice di procedura civile.
Con le stesse modalità può chiedere l’annullamento di tutti i provvedimenti riguardanti le mansioni, i trasferimenti, gli incarichi e di qualunque altro atto o ordine di servizio che possa essere ricondotto ad una azione mobbizzante.

ART. 6°) Pubblicità delle Sentenze:

Le sentenze in materia di Mobbing e in genere i provvedimenti giudiziali in materia devono prevedere la pubblicità della condanna in uno o più quotidiani, a livello nazionale o locale, a seconda delle dimensioni dell’impresa o dell’ente datore di lavoro, a cura del Cancelliere e a spese del soggetto condannato, omettendo il nome del dipendente. 

Prof. Antonio Vento  
 e-mail:
ventoa@hotmail.it
 cell.: 338.7710372
 

Roma 12-09-07

 

 

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