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FIRENZE: L’OMICIDIO DI MODOU E MOR, TRA CRIMINE E FOLLIA
Ogni qualvolta si verificano fatti
incresciosi, di fronte ai quali ci rendiamo conto che la ragione non ci
garantisce un comportamento sociale adeguato allo stare insieme, all’essere-con,
ci domandiamo perché tali fatti siano accaduti e cosa ci possa essere,
concretamente, dietro a tali comportamenti violenti, nei quali si
esprime una rabbia ingiustificata, che nega autenticamente ogni tipo di
logica.
Quasi sempre si cade nella banalità di un’analisi superficiale, che fa
da supporto ai livelli raggiunti dalla cultura storica e dai
condizionamenti sovrastrutturali di tale cultura. Si uccidono i propri
simili con una facilità estrema, che spesso appare quasi come un fatto
normale, scontato e, talvolta, necessario per cause indiscutibili. I
fatti di Firenze rientrano in questo sistema di giudizio, psicologico e
sovrastrutturale (condizionamenti culturali e sociali vari) e non
possono essere compresi se non si guardano sul piano
anatomo-fisiologico, prima che sociologico e sotto culturale.
A Firenze un certo Gianluca Casseri, di aa. 51, sedicente scrittore
esoterico e pensatore casa-poundiano, uccide due esseri umani, che
lavorano nelle piazze della città, per procurarsi un minimo di
sopravvivenza; senegalesi entrambi, Samb Modou (40 aa.), risultante
clandestino per il nostro paese e Diop Mor (54 aa.), con regolare
permesso di soggiorno. La maggior parte della cronaca si preoccupa di
capire se è stata un’azione scaturita da decisioni pregiudiziali
razziste o un’esplosione di follia.
Tale triste vicenda viene consumata in P. Dalmazia; l’assassino si
sposta poi, con senso di continuità omicida, al mercato di San Lorenzo,
al centro della città, dove vengono feriti gravemente altri tre
venditori ambulanti: Moustaphà Dieng (37 aa.), Sougou Mor (32 aa.) e
Mbenghe Cheiku (42 aa.). Poi, forse alla ricerca di un’espressione
eroica che lo potesse giustificare, si suicida.
Che nel nostro paese covi un sentimento sotterraneo di razzismo (in
diversi strati sociali) è un fatto scontato: la stessa stampa non s’è
curata di presentare le vittime come esseri umani, con nome e cognome,
come si addice in simili occasioni, chiamandoli solo senegalesi. E cosa
dire poi del troll che è nato intorno a questa vicenda, solo per
discutere e mettere in atto assurde proteste o per voler dimostrare la
grande afferenza, di massa, in certi siti nazi-fascisti? Sono tutte cose
scontate e, in parte, anche superficiali, se non si riesce a guardare
oltre. Che il mondo è in crisi lo sappiamo tutti, perché tutti, chi più
chi meno, hanno contribuito al suo dissesto, con gli strumenti
dell’economia e delle guerre. Dobbiamo però andare oltre. La Rabbia è un
sentimento che serpeggia in ogni angolo della nostra terra sfruttata, ma
questo sentimento non è solo un fatto comportamentale e di costume; è
pure, e soprattutto, un processo biochimico ed anatomo-fisiologico. La
Rabbia si sviluppa nel circuito Amigdala-Ipotalamo-Giro Limbico. Per
capire questo bisogna però partire dalla teoria scientifica dei tre
cervelli: quello rettiliano, quello paleomammaliano e quello, più
evoluto o neocortex, neomammaliano.
L’Amigdala (così detta perché ha la forma di una mandorla) è una
struttura nervosa che si trova al centro del sistema limbico. E’ una
struttura che si preoccupa delle risposte emotive, come la paura e le
sensazioni di minaccia. Nasce, fin dall’inizio del processo evolutivo,
come struttura nervosa del cervello rettiliano. Lavora in tandem con
l’Ippocampo, che rappresenta l’archivio delle memorie percettive. Uno
stimolo percettivo può scatenare improvvisamente una risposta aggressiva
e modulata dalla rabbia, che sta nell’archivio delle emozioni, situato
nell’Amigdala, causando fatti apparentemente inspiegabili e violenti, se
la neocorteccia (il terzo cervello, il più evoluto) non riesce ad
intervenire tempestivamente, per porre sotto controllo le emozioni e la
rabbia.(Nota: a chi ha interesse a capire meglio questo circuito nervoso
consiglio di consultare il mio lavoro “Lezioni di Anatomia Evolutiva”,
che si trova nel sito dell’Osservatorio Nazionale Mobbing, nella pagina
“ricerca”).
Tornando ai fatti di Firenze vorrei però evidenziare alcuni particolari
tecnici: 1) La continuità dell’azione (già verificatasi in altri omicidi
di massa, dove l’assassino ideologizzato spara spostandosi da un luogo a
un altro). 2) La consonanza tra ideologia (quasi sempre di destra) e
bassa mitologia (si veda la presentazione dell’accaduto espressa nei
siti e nei troll). 3) L’omonimia (Mor) esistente tra uno dei morti e un
ferito grave, in luoghi diversi: ciò può avere un significato di
interesse criminologico. Può essere che l’assassino già conoscesse
entrambi e l’abbia voluti colpire per “vendetta”o per altri fattori che
implicano tematiche relazionali pregresse. La continuità dell’azione
potrebbe essere una conferma di tale ipotesi. I due omonimi erano
parenti? (Credo di si). 4) Il ruolo di casa-pound che cresce nel tempo e
si stabilizza, sempre più sul terreno dell’aziendalità e dell’economia,
col sostegno dei politici, specie nel Comune di Roma. E’ uno spreco di
risorse per il comune e per lo stato ed una vergogna per la politica:
sono risorse che sfuggono volutamente all’attenzione delle istituzioni
che, invece, colpiscono (con strumenti repressivi, come equitalia ed
altri) i giovani (si vedano le multe da pagare), senza considerare che
sono disoccupati, e la gente più esposta alle pressioni sociali. Certo
il gioco sta diventando sempre più duro: pensiamo alle strategie delle
banche e alle manovre del governo, spacciate come “conditio sine qua
non”. Vorrei ricordare però che il rischio è alto da ogni parte: solo
una visione neo-umanistica della storia può evitare il peggio.
Prof.
Antonio Vento
15-12-11 |