Università degli studi di Roma La Sapienza |
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Tante volte mi capita di sentire opinioni contrastanti sull’esistenza e mi colpisce la gratuità delle parole che su di essa vengono usate : insopportabile, difficile, inutile, da vivere come un dono della natura o da stroncare immediatamente, per evitare le sofferenze e i disagi della quotidianità. Solo qualcuno si sente soddisfatto di esistere, ma talvolta lo afferma senza convincimento o con scarsa coscienza del proprio stato; si crede soddisfatto chi vive una intensa sessualità o gestisce un potere personale: infondo le due situazioni si equivalgono perché, in entrambi i casi, si ha l’impressione di poter gestire un progetto che, ad altri, introversi o poveri, viene negato. La virtualità, negli ultimi tempi, è venuta in aiuto (in qualche caso ha creato un aggravamento dello stato, perché disabitua l’io all’azione) a coloro che hanno paura di affrontare le situazioni o non hanno i mezzi per crearle. Ma tutto è relativo, intendendo per relatività il rapporto che si viene a creare tra aspirazione e condizione, tra il possibile oggettivo, cioè concesso dalla realtà, e l’intenzionalità del soggettivo, con le sue intuizioni, le sue aspirazioni, che qualche volta coprono stati di esaltazione o altre deformazioni del pensiero. Il cervello terzo potrebbe aiutarci a raggiungere spiegazioni diverse dalla comune logica della storia. Per esempio l’on. Berlusconi (ma potrebbe essere qualunque altro leader al suo posto) ha intravisto lo scopo della sua esistenza nell’impedire, a chi non la pensi come lui, di governare, eppure è uno dei più ricchi cittadini del paese. Esempio di relatività: i soldi, in tal caso, fanno parte di un’esistenza mancata; l’esaltazione e il potere sugli altri rendono il suo io apparentemente compatibile con l’esistenza, che altrimenti lo introdurrebbe nella disperazione e nel senso del fallimento. Quando l’esistere si misurava sui valori della convivenza, l’io avvertiva la sua giustificazione esistenziale riferendosi a questi valori : l’amore, la sopravvivenza, il lavoro, la classe di appartenenza, alla quale ognuno s’identificava con spirito sereno, ed ogni volontà di trascenderla appariva come impegno nell’acquisizione degli strumenti richiesti per superarla. Solo la paura della morte ha sempre reso difficile la normalizzazione dell’esistenza, in una serena visione del mondo e della vita. A causa della sua limitatezza temporale l’uomo si è sentito spesso come un dio mancato, ma la coscienza del limite lo ha aiutato ad evitare l’esaltazione e quindi a prendere coscienza del suo ruolo, nella storia, che sta più nel fare che nell’avere, raggiungendo la consapevolezza che, facendo, egli può lasciare un’impronta ontogenetica.
Su questi temi, invito quanti si ritengano interessati a dare
un personale contributo, inviando
una mail,
esprimendo le personali opinioni, che oltre ad un valore teorico,
qualche volta, consentono un risultato analitico e catartico. Per
esempio, se un depresso accoglie questo mio invito, può confrontare le
sue opinioni con quelle degli altri, che saranno rese pubbliche, nel
rispetto della privacy; o una madre che ha paura di partorire può
misurare le sue paure con le tematiche a favore della vita, qualunque
sia la sua condizione di madre; o i ragazzi che temono di affrontare le
problematiche esistenziali con i loro genitori, potranno cercare un
interlocutore sereno; o anche chi teme di subire violenze, può cercare
in noi una voce rassicurante ed amica; e così via. Intendiamo comunque
dare al dibattito un valore di ricerca, oltre che di aiuto pratico a chi
si trovi in difficoltà esistenziale, ricordando che la solidarietà
rigenera la speranza ed aiuta a superare ogni stato di crisi.
Mail :
ventoa@hotmail.it |
Tel.06-49918107, cell. 338-7710372,
e-mail :
ventoa@hotmail.it
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