Università degli studi di Roma
La Sapienza
OSSERVATORIO NAZIONALE MOBBING

HOME    MOBBING    PUBBLICAZIONI    ARTICOLI    CONVEGNI E SEMINARI    CONSULENZE    RICERCA    LINK

 

Indice


ELUANA ENGLARO E IL PRINCIPIO DI LIBERTA’

Se qualcuno avesse tentato di programmare il caos che si è scatenato sullo stato vegetativo di Eluana Englaro non ci sarebbe riuscito: la mente perversa di chi non ha gravi problemi di sopravvivenza quotidiana è più invasiva di un virus. Eppure i genitori di Eluana avrebbero preferito il silenzio e la discrezione. I mezzi di comunicazione vivono di questa continua invadenza morale e non sanno fermarsi alla semplice notizia, finendo così di plagiare le menti di coloro che vedono e che ascoltano. Cerchiamo di semplificare le cose e iniziamo col dire che lo stato vegetativo, che dura da 17 anni è, di per sé, uno stato di immobilismo, paragonabile alla morte: qui non stiamo a parlare di un coma recente, che merita attenzioni cliniche per una possibile ripresa delle funzioni; si tratta invece di uno stato acquisito di stasi totale delle funzioni vegetative. Il problema che viene posto è se Eluana possa capire, avvertire dolore, avere delle sensazioni e così via. Se così fosse, la paziente, scoprendosi priva di dignità esistenziale, dipendente totalmente dagli altri per un progetto di vita privo di ogni progettualità, perché soltanto progettata dagli altri, medici, avvocati, opinionisti, preti e ora anche politici, non potrebbe che desiderare la fine della sofferenza e quindi la morte: il padre tutto questo l’ha percepito e, certamente, vorrebbe far scendere su questa triste storia il giusto silenzio. Ma il mondo è inesorabile e si accanisce senza alcuna riflessione morale sulla dignità dell’uomo. Non è un problema di neurologia, da giocarsi tra speranze di coma reversibile e insignificanti definizioni di diritto alla vita, anche se priva di se stessa. Né è solo questione di diritto: una legge, che non tiene conto del principio etico della libertà, non ha alcun senso; e questo è possibile solo liberandosi delle diverse sovrastrutture. Quindi non bastano i politici, se prima non parlano i filosofi e i saggi. Apriamo una breve riflessione sulla condizione dell’uomo nel mondo: si scopre catapultato nel nostro pianeta, con la nascita, e dallo stesso viene strappato inesorabilmente con la morte. E’, dunque, proteso tra due momenti assoluti, la nascita e la morte, di cui non sa darsi una ragione: è angosciato dall’incontrollabilità del suo destino. La sua vita, cioè il tempo che si dispiega, più o meno lungo, all’interno di queste due parentesi esistenziali, è vissuta come una condanna da cui riscattarsi. Non è certo un discorso di fede che può salvarlo, anzi, lo fa sentire ulteriormente mancato e giudicato. La sua libertà è quella dell’intenzionalità trascendentale, cioè quella spinta continua che lo porta oltre la staticità, verso una sempre nuova condizione, in un movimento che pretende un superamento di stato, che non consente alcun arresto definitivo, che vorrebbe significare morte. Diciassette anni di vita (o di morte) vegetativa è già morte, nella coscienza-incoscienza del vivere: è puro egoismo, altro che pietas, voler decidere per chi non può decidere, trovandosi in uno stato di atroce e sofferto distacco dal modo. Il concetto di libertà presuppone l’idea di dignità dell’uomo: guarda caso ci si accanisce sul coma post-traumatico, fino a discorsi insensati, ma non si fa alcuna riflessione sui traumi mortali e sulla lacerazione del corpo e della mente, con le guerre e con la discriminazione umana: si esige una forma di sacralità istituzionale nell’affrontare alcuni temi, come quello dell’eutanasia o del coma, ma non viene data alcuna importanza alla violenza sociale che li causa. E’ soltanto ipocrisia dei regimi: la maggior parte dei traumi cranici, responsabili di stati vegetativi lunghi e irreversibili, sono causati da incidenti stradali, da bombardamenti, da traumi sul lavoro e così via. E’ tutto possibile; queste cose non vanno sottoposte a giudizio morale, lo stato vegetativo di Eluana, che dura da 17 anni, si ! Forse è più utile chiacchierare di queste cose che cercare di affrontare concretamente i problemi della vita quotidiana: i morti non fanno paura, ma servono per tenere buoni i vivi.

Prof. Antonio Vento

04-02-09

 

Tel.06-49918107, cell. 338-7710372, e-mail : ventoa@hotmail.it - Istituto di Anatomia Umana, via Borelli n. 50
Tutti i diritti riservati. Vietata la riproduzione anche parziale senza previa autorizzazione