Università degli studi di Roma La Sapienza |
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La situazione riflette coerentemente lo statu quo delle istituzioni in materia di dritto e della sua violazione: ma perché si viola il diritto? Preferisco rispondere con una citazione di J.P.Sartre, tratta da “Quaderni per una morale”: “Il crimine è definito negativamente dallo stesso diritto positivo. E’ una violenza contro la situazione materiale e, di conseguenza, il rifiuto di tenersi al diritto. Il diritto di proprietà è universale. Ma se qualcuno non ha alcuna proprietà questo diritto è ridicolo. Se questa persona vuole cambiare questa situazione di fatto essa deve ricorrere alla violenza nei confronti della proprietà altrui. A questo punto essa attacca il diritto e tratta qualcuno come un mezzo e non come un fine: essa commette un crimine. La mistificazione deriva dal fatto che l’oppresso viene di nascosto obbligato a riconoscere la disuguaglianza materiale attraverso lo stesso modo con cui gli viene riconosciuta la libertà formale, cioè l’uguaglianza formale. Perciò l’unione degli oppressi si farà attraverso la violenza e contraddirà sempre il diritto esistente. Essa sarà sempre in un certo senso biasimevole e punibile. Se invece, essa imporrà un nuovo diritto, o, più esattamente, la situazione si trasformerà automaticamente in una situazione di diritto perché l’uomo è per essenza giuridico: non è solo una forza, ma anche una libertà e quello che egli realizza con la forza deve potere essere considerato anche come l’espressione della libertà. L’uomo che impone un diritto assomiglia a quello (clown o bambino) che, dopo aver battuto il suo compagno, alza il dito e dice “pace” quando quell’altro vorrebbe a sua volta batterlo.” Albert Camus, nel suo articolo “Né vittime né carnefici” scrive: “La vita non ha valore se non è proiettata nell’avvenire, senza promessa di crescere e progredire. Vivere contro un muro, è vita da cani”.
Quest’ultima citazione mi spinge a fare una analogia tra il cane di
Camus e la descrizione del minore fatta dal prof. De Leo, senza passato,
senza presente e senza futuro. E aggiungo che una società (e quindi
anche le sue istituzioni) che ha di questi convincimenti e li utilizza è
di per sé una società malata, anzi nulla, e pertanto non può produrre
libertà, ma solo formalismi utili alla conservazione dello statu quo. Prof. Antonio Vento
07-06-2007 |
Tel.338-7710372,
e-mail :
ventoa@hotmail.it
- Istituto di Anatomia Umana, via Borelli n. 50 |