Università degli studi di Roma La Sapienza |
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CONSIDERAZIONI LEGALI RIFERITE ALL’OMICIDIODI CHIARA POGGI - GARLASCOGli omicidi, appena avvenuti, si presentano tutti alla stessa maniera: impenetrabili e spesso contraddittori, quasi per sfuggire alla stessa soluzione. Riscontriamo genericità negli inquirenti (come nel caso Cogne) o un eccessivo impegno tecnico, certamente di alto livello (la preparazione tecnica dei RIS è indiscutibile), ma proprio questo rende più lenta l’indagine e, qualche volta, la porta verso conclusioni lontane dalla verità dei fatti. A mio avviso, di Psichiatra-Criminologo, manca nelle indagini una mente intuitiva e preparata (proprio di uno psichiatra-criminologo) che riesca a dare ordine alla materia del sopralluogo, indirizzandola verso indagini precise, che tengano conto non solo dei reperti e degli elementi tecnici, ma anche delle dinamiche psicopatologiche che si evincono da tutta la storia e dai comportamenti dei soggetti che si muovono sulla scena del crimine. Nell’omicidio di Garlasco, per esempio, gli elementi disponibili (come l’ambiente, i personaggi, la mazzetta da muratore sparita dal cantiere della Croce Garlaschese – fatto denunciato da un dirigente del cantiere, frequentato dai volontari - ) mi solleticano la mente verso questa ipotesi, che non spiego nei particolari perché è solo una ipotesi, che comunque meriterebbe una considerazione da parte di chi dirige le indagini, così strutturata: ad uccidere Chiara potrebbe essere stato un altro uomo, forse da cercare nell’ambiente più evoluto dei volontari del cantiere della Croce Garlaschese, fortemente invaghito di lei, ma rifiutato; a mio avviso ci potrebbe essere pure una “lei”, a sua volta invaghita di Alberto, che, pur non essendo stata presente sulla scena del crimine, avrebbe in qualche modo influenzato l’azione. Il fatto che l’omicida abbia lasciato il corpo della donna a metà scala della cantina, fa pensare ad una condizione dissociativa, di personalità multipla, che in un primo momento decide per l’occultamento del corpo, ma all’improvviso emerge il problema della fuga e quindi una presa di coscienza dell’accaduto. Mi pare abbastanza per una concreta riflessione. 22-08-02007
Prof.
Antonio Vento |
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