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COGNE FA RIMA CON VERGOGNE

Una sentenza sta per essere pronunciata, ma certamente dovrà tremare la voce al giudice che la pronuncerà: è una sentenza che nasce più da una serie di opinioni, che nulla hanno a che vedere col diritto e, tanto meno, con la Criminologia; oserei dire che è una sentenza virtuale, in un mondo virtuale. Persino i personaggi, psichiatri, criminologi, giornalisti, opinionisti in genere, che si arrogano il ruolo di esperti, facendo talvolta inorridire per digiuno di logica e per altrettanto fantasiose teorie criminologiche, che poco hanno a che vedere con la scienza. Si cerca un movente nella presunta psicopatologia dell'inquisita, ma si ignorano le più elementari regole della psichiatria che dovrebbero porre l'attenzione sullo stato psichico del soggetto esaminato, a ridosso dei fatti (in questo caso criminosi) che gli vengono attribuiti. Questo non è stato fatto, salvo poi delegare un'assise di psichiatri a masturbarsi i cervelli su possibili accaduti e su presunte deformazioni mentali dell'indagata. Vengono indicati, a più riprese, i presunti corpi contundenti, responsabili dello sfondamento cranico di un bambino di tre anni: il mestolo, la scarpa, il portacenere dentro la calza e così via. Ma non sarebbe più logico pensare che possa essere stato un pezzo si legno, preso dal camino, che risultava acceso sulla scena del crimine? Questo risponderebbe a tutti i requisiti ideali per la dinamica dei fatti: un tronchetto, liscio come un mestolo, ma con qualche spunzone che, nella parte terminale dell'aggressione, ha causato l'emorragia, durata alcune ore, prima della morte. Tale corpo contundente, finito poi ad ardere nel camino, risponderebbe alle domande che, più volte sono state poste, ma non considerate: Dov'è finita l'arma del delitto? In cenere. - Come mai sono serviti diciassette o sette colpi per ferire mortalmente (non uccidere immediatamente) un bimbo di tre anni? -  Certamente a colpire è stata una mano debole (forse non adulta). Diverso tempo fa, sul mio sito ho proposto una prova ergometrica, cioè ripetere le percussioni su una membrana resistente quanto una teca cranica di un bambino di tre anni e misurare l'energia di sfondamento (e può essere verificato perchè tale richiesta è ancora presente nel sito). Potrei anche azzardare di fare il nome del presunto aggressore, ma mi rifiuto per un motivo professionale e deontologico, anche se sono disponibile ad ogni scambio di idee in merito, con riservatezza. Poi ci siamo chiesti perchè la presunta incriminata abbia chiamato in causa la sua psichiatra? Certo non per copertura delle sue responsabilità dirette: un criminale non chiama mai un testimone, ma cerca soltanto di cancellare le tracce. E che dire poi delle possibili implicazioni legali a carico di un testimone che collabora nell'alterare o nascondere le prove di responsabilità, sulla scena del crimine?  Questo già è un parlare il linguaggio della criminologia. Finora invece è stata usata soltanto la fantasia. Certo non si può condannare una persona, senza avere le prove inoppugnabili della sua colpevolezza.

05-04-07

 Prof. Antonio Vento
 

 

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