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Non facciamoci venire i GRILLI per la
testa
Il peggiore
difetto di noi italiani è quello di voler fare tutto senza saper fare
nulla; e così si finisce per perdere anche la dimensione del sentire che
è propedeutica del fare: allora i comici si appropriano inopportunamente
della drammaticità, dove le menti drammatiche cadono miseramente nella
comicità, senza trovare mai le giuste soluzioni dei problemi
dell’esistenza e della convivenza umana.
Il caso di Beppe Grillo testimonia la crisi culturale e di valori del
momento, che richiede una giusta e corretta riflessione, senza cadere
nelle approssimazioni dei personali interessi. Diciamo intanto che
quanto sta accadendo è possibile soltanto perché abbiamo sottovalutato
il progressivo deterioramento della politica, accompagnato dallo
scollamento tra questa politica e l’elettorato, il quale si è sentito
sempre più estraneo ai problemi del suo mondo. Questo mentre in altri
paesi, come la Francia, la Germania e la Spagna, nasceva un nuovo
sentimento di coesione sociale, rivolta alla soluzione delle
problematiche nazionali ed internazionali. E’ chiaro che da noi, con la
lacerazione mai superata tra nord e sud, con un crescente accanimento
della lega del nord nei confronti della governabilità di tutto il paese,
quello che sta accadendo è quasi naturale, perché risponde al livello
basso di cultura e di impegno di massa. La rabbia non fa politica, tutt’al
più fa rivolta e disordini sociali, per cui l’emotività non è utile al
percorso di un chiarimento politico di base. A noi non servono
predicatori o aspiranti ridicoli dittatori; a noi serve prendere
coscienza dell’impegno verso la politica, aiutandola a liberarsi dei
personalismi e degli istinti di potere. Grillo fa quasi tenerezza quando
pensa di porsi come capopopolo per la riscoperta della giustizia storica
e d una nuova morale (farebbe comunque bene se non usasse un linguaggio
scurrile che serve soltanto a lui, per un tatticismo di comunicazione,
rivolgendosi ad un pubblico stanco e deluso). Non si rende conto che nel
nostro paese le decisioni, specie quelle economiche, sono prese dalla
Confindustria e dalla Chiesa, che di lui se ne possono fregare, anzi lo
utilizzano per il controllo della dissidenza (farebbero più paura le
brigate rosse o nere), e se lo lasceranno procedere nel suo bizzarro
cammino, al momento opportuno, lo recupereranno col compromesso, mentre
la povera massa continuerà a soffrire dei mali della vita quotidiana.
Prova ne è l’uscita con una lista civica: sarebbe stato opportuno
continuare a costruire, coscientemente e rigorosamente, situazioni di
massa, costringendo il governo a cambiare abitudini e a garantire ai
giovani lavoro ed alle famiglie reddito e riforme. L’ingovernabilità
acuisce le difficoltà del vivere e getta la parte più povera e più
emarginata del paese nella disperazione, che a sua volta causa ulteriore
crisi. Non è un problema di Beppe Grillo, che si rifà delle frustrazioni
subite in passato da parte delle istituzioni, quello di indicare le
strategie del rinnovamento del paese: generalizzare il personale
malcontento non è la via che conduce alla soluzione dei problemi, è più
importante acculturare la gente e far prendere coscienza diretta del suo
stato sociale e morale. Illudere i giovani, i disoccupati, le famiglie e
quanti altri combattono, ogni giorno, per la sopravvivenza è una cosa
meschina, perché l’unico vantaggio che potrà derivare è quello di un
posto in governo per Beppe Grillo e per i pochi accoliti, mentre gli
altri continueranno a soffrire come Sisifo, in attesa della calma, ma
Grillo non è Giove. Le spinte emotive cambiano solo i burattini, ma non
i burattinai: l’abbiamo visto con Forza Italia, lo vedremo ancora con
altre alchimie politiche, che comunque non potranno cambiare le cose.Se
qualcuno si vuole impegnare nel sociale deve tendere invece ad una
rieducazione della base sui bisogni immediati, rivendicandoli con
decisione e non rispondendo alle imposizioni fiscali o bancarie o
assicurative, se prima non vengano risolti i problemi del lavoro e delle
risorse sociali, come ad esempio la casa. Comici o drammaturghi sono
utili soltanto sul palcoscenico; dobbiamo smettere di credere in tutti i
figli annoiati della borghesia, che si drogano il cervello con le
fantasie per non bombardarsi ulteriormente di alcaloidi o di cannabici,
lasciando ai più poveri l’ebbrezza del vino con cui tentare di
controllare la disperazione esistenziale. Già i vari partiti si leccano
i baffi, aspettando questi nuovi contestatari come fa il gatto col topo,
per riempire la borsa dei voti, ma non ci pensano minimamente di
rinunciare al proprio potere per darlo ad altri: sarebbe intanto più
razionale, per la democrazia, fare una buona riforma elettorale, che
consenta a tutti di partecipare nelle pari opportunità; sarebbe più
concreto battersi per un lavoro per tutti o per una casa per chi non ce
l’ha; sarebbe più umano garantire l’assistenza sanitaria a tutti i
cittadini. Non servono prediche e chiacchiere, servono fatti e se la
Chiesa vuole fatti, come pare che dica, scenda con i giovani nelle
piazze delle città, liberandosi di ogni ipocrisia di ruolo storico o
mistico: lo stesso Cristo si mescolava con i sofferenti e non ha avuto
paura di morire.
Roma
20-09-07
Prof.
Antonio Vento
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