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Accade
di frequente che, nei quartieri delle grandi città, nelle periferie o
nelle scuole si verifichino episodi di bullismo, cioè di comportamenti
vessatori e lesivi di minori o di adolescenti nei confronti di loro
pari. La parola, che deriva dall’inglese bulliyng, non vuol significare
atti di violenza conclamata o di aggressione sessuale tra minori (che
spesso si organizzano in gang, per superare il concetto e la paura di
punizione individuale), ma vuole specificare quel senso di violenza
psicologica, non sempre evidente, ma subdola e organizzata, alla stregua
di una forma di mobbing, il cui fine è l’emarginazione e/o
l’allontanamento, se non l’annullamento, di un altro minore. Vediamo di
capire come sono strutturate le due personalità, gli esecutori (cioè i
bulli) e chi subisce il bullismo, e che diverse storie evolutive e
psicodinamiche ci troviamo di fronte. I primi, cioè i bulli sono
indubbiamente soggetti immaturi, che vivono una continua situazione di
disaggio all’interno della famiglia, spesso mascherata da falsi
equilibri, ma sempre con difficoltà di comunicazione. Vivono il loro
tempo in famiglia, che si riduce al poco tempo in cui sono presenti pure
i genitori, con atteggiamento formale, talvolta eccessivamente ordinato
ed apparentemente equilibrato. Non si aspettano più interessamenti
significativi da parte dei loro genitori, che li stipendiano, in
relazione alle risorse famigliari, per svincolarli da possibili critiche
relazionali. Quando sono in casa, trascorrono il tempo in camera,
davanti al computer o al televisore: amano i videogiochi, specie quelli
dove possono mettere in atto la loro destrezza manuale. Quando sono a
scuola o per strada, raggruppati in branco, riconoscono una gerarchia,
con un capobranco ed una serie di ruoli di affiancamento, ed elaborano
comportamenti del tutto opposti a quelli adottati in casa. Più sono
lontani da una domestica comunicazione e più sono vicini alla devianza
ed alle tematiche offensive nei confronti dei più deboli. Vivono il loro
vuoto affettivo nella gerarchizzazione della gang, che funge da nuova
famiglia. Crescendo, sviluppano il loro comportamento su tematica
ossessive e compulsive, che li possono indurre ad azioni incontrollate.
L’errata evoluzione dell’io, con le mancate identificazioni, li
costringono a cercare modelli deviati e devianti, che li inducono, in
età adolescenziale, a comportamenti omosessuali, legati alla necessità
affettiva sostitutiva all’interno del gruppo. Esprimono, quasi sempre,
atteggiamenti comportamentali asociali e trasgressivi. Hanno scarsa
fiducia nelle istituzioni e considerano la scuola come un laboratorio di
penitenza e di frustrazione, che accettano per l’ambiguo rapporto che
hanno con la loro famiglia. A causa della mancata crescita della sfera
affettiva e traslativa, sviluppano una personalità mendace, dedita
all’alcool ed alle sostanze psicotrope e psicoattive. Amano il gioco e
le scommesse, non avendo maturato un principio di doveri e non
riconoscendo il lavoro come normale mezzo di sussistenza. Prof. Antonio Vento
21-09-09 |
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