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Nell’intento di rendere un
servigio autentico al fenomeno Mobbing al fine di migliorare quanto più
sia possibile il rapporto tra io, società e gli istituti che la
caratterizzano pensiamo sia indispensabile analizzare i contenuti
giuridici riferibili al fenomeno col supporto della giurisprudenza di
merito e di legittimità e della più recente dottrina. Il primo principio che ci ha
richiamati l’attenzione nella considerazione giuridica del fenomeno
Mobbing è quello espresso nell’art.2087 del c.c. che prevede come il
datore di lavoro deve adottare tutte le misure necessarie ed idonee per
tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori.
L’obbligo così previsto non appare limitato al rispetto della
legislazione tipica della prevenzione, ma si estende al divieto di
comportamenti lesivi dell’integrità psicofisica che sono, tra l’altro,
fonte non solo di responsabilità contrattuale per inosservanza della
norma anzidetta, ma anche di responsabilità contrattuale per la
violazione dei principi di buona fede e di correttezza, artt. 1175 e
1375. L’obbligo sancito dall’art. 2087
c.c. riguarda il dovere del datore di lavoro a tutelare l’integrità
morale del lavoratore come piena e sacrosanta trasposizione dei valori
costituzionali di cui agli artt. 32 e 41 della Costituzione. La
Giurisprudenza più recente unanimemente ha riconosciuto l’esistenza del
nesso causale tra malattia morale e/o mentale con le condotte negative e
persecutorie del datore di lavoro. Al riguardo, le sentenze
pronunciate dal Tribunale di Torino hanno evidenziato a chiare note come
la condotta pregiudizievole del datore di lavoro ripetuta e costante è
di per sé idonea e sufficiente a reprimere psicologicamente e moralmente
il lavoratore, tanto da indurlo all’isolamento ed a recedere dal posto
di lavoro. Tra l’altro è bene ricordare che la Psichiatria e la scienza
medico-legale hanno dimostrato in maniera chiara ed univoca la dinamica
che collega la sofferenza psichica (disturbi post-traumatici da stress,
disturbi emotivi,disturbi psicosomatici ecc.) agli atti ed ai
comportamenti negativi del datore di lavoro, resi sul posto di lavoro. Per la prima volta, dunque, grazie
alle esperite CTU i Tribunali di Merito hanno inteso il Mobbing come una
vera e propria catastrofe emotiva (ansia, depressione, vertigini,
cefalea, senso di soffocamento, tendenza all’isolamento, impotenza
sessuale e persino l’infarto del miocardio). Se tale è la conclusione
della scienza medica e della giurisprudenza non ci resta altro che
considerare il danno da Mobbing come una vera e propria malattia
professionale, assicurabile dagli Enti previdenziali. Altro fondamentale principio è
quello del neminem laedere ex art. 2043 del c.c. che stabilisce la
responsabilità datoriale per danno arrecato a chiunque per un
comportamento doloso o colposo. Il concetto di danno formulato dalla
norma si riferisce al danno ingiusto ossia a quello antigiuridico,
consistente nella violazione dei diritti assoluti o primari tutelati
erga omnes dal nostro ordinamento. Il risarcimento così dovuto non è
limitato alle conseguenze che incidono sulla capacità di produrre
reddito, ma si estende anche al danno biologico inteso come menomazione
dell’integrità psicofisica della persona in sé e per sé, considerata
comprendendo anche il valore dell’uomo in tutta la sua dimensione
culturale, sociale e morale. Persino la Corte Costituzionale, con la
sentenza 184/86, ci ha dimostrato come l’art. 2043 del c.c. prevede il
risarcimento di tutti i danni che, almeno parzialmente ostacolano le
attività realizzatrici della persona umana. Secondo la dottrina più
accreditata, la norma in questione costituirebbe l’unico strumento
invocabile laddove esista un pregiudizio alla sfera fisica e morale del
lavoratore. Rilievo particolare riveste poi
l’art. 32 della nostra Carta Costituzionale, richiamato tra l’altro
anche dall’ultima sentenza del Tribunale di Torino che protegge la
salute dell’uomo non solo come interesse della comunità sociale, ma
anche come diritto fondamentale del singolo. L’interpretazione estensiva
dell’art. 32 agevola il collegamento con l’art. 4 della Costituzione che
ricorda come la Repubblica riconosce a tutti gli uomini il diritto al
lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto,
inteso quale strumento essenziale dell’uomo per la sua realizzazione.
Tale diritto poi rende più significativa l’applicazione dell’art. 3, II°
comma, della Costituzione, che dispone che è compito della Repubblica
rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di
fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini ed impediscono il pieno
sviluppo della persona umana, l’effettiva partecipazione di tutti i
lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese. Anche se il Mobbing non è previsto
come reato, tuttavia la condotta del datore di lavoro ben può
inquadrarsi in alcune fattispecie criminose come l’abuso di ufficio, le
molestie sessuali e le lesioni personali, ex art. 590 c.p. Le molestie
sessuali , ad esempio, poste in essere dal datore di lavoro e/o dai
colleghi di lavoro, costituiscono comportamenti tra i più detestabili
tra quelli che possono ledere la personalità morale e l’integrità fisica
dei prestatori d’opera subordinati. Attualmente in Italia non abbiamo
ancora una legge sul Mobbing e tranne la legge regionale della Regione
Lazio esistono soltanto alcune proposte di legge. A livello europeo invece
importante è stata la Risoluzione n. A5-0283/02 che esorta gli stati
membri a disciplinare il fenomeno. |
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