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La Sapienza
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L’IO NELLA NOSTRA SOCIETA’

Durkheim asserisce che l’anomia, cioè la dissonanza cognitiva  tra le aspettative garantite dalle leggi e la realtà in cui si vive, è causa di gravi disturbi mentali e del comportamento, con conseguente disaffezione sociale. Io credo che una siffatta condizione di dissonanza, come quella attuale, l’umanità, ed in particolare la nostra società, non l’abbia mai conosciuta. Le leggi dello stato, in primis la Costituzione, garantiscono il lavoro e i giovani, come i soggetti maturi, sono disoccupati quanto mai. Il diritto alla vita è poi solo una chimera, da false coscienze morali e da ipocrisie religiose: nessuno tende una mano ad un ragazzo, di qualunque colore egli sia, che ha fame; nessuno si rende conto dell’estrema angoscia causata dal sentimento di solitudine. E’ vero, come qualcuno dice, che non si può diventare aquila se non si fa l’esperienza della solitudine, ma una cosa è l’esperienza formativa, un’altra l’angoscia della povertà e dell’indigenza. Amici miei, nel nostro paese le cose vanno molto male, perché tutti siamo entrati dentro una concezione di socialità dei conflitti, dove si con-vive con la piena e totale mancanza di regole morali. La politica ha fatto fuori i partiti, indubbiamente iniziatori di questo processo di degenerazione esistenziale; ma che cosa ha costruito in cambio, se non l’inizio di un nuovo processo degenerativo il cui obiettivo è quello di limitare, sempre più, la libertà dei soggetti singoli, giustificando il tutto con le false ragioni sociali? Nel sessantotto si sono inventati il rock e le droghe per narcotizzare le coscienze dei giovani, oggi la tecnologia e la globalizzazione. Durkheim si rivolgeva ai cittadini che stavano a cavallo tra ottocento e novecento; se fosse stato ai nostri giorni avrebbe capito meglio il significato storico e doloso delle scelte politiche, che non tengono più conto della morale, né dei diritti dell’uomo. Capirebbe che, ormai, il diritto si è piegato alla politica, anzi, come dicono, alla democrazia, considerata la migliore forma di governo, al contrario di come pensava Platone  (nella sua Repubblica) che riteneva la democrazia come la peggiore forma di dittatura. Con la democrazia si tende (ed è questo un ossimoro storico) alle privatizzazioni, dove solo chi ha i soldi può costruirsi uno spicchio di pseudo-libertà. Ma i soldi per vivere ce l’hanno solo coloro che hanno un lavoro, cioè i pochi; e chi ha un lavoro è costretto a sottostare al ricatto del datore di lavoro, che decide della sua esistenza, come pure della sua salute mentale (pensiamo al Mobbing): chi non si allinea rischia il licenziamento. Non è, però, solo il privato che agisce da padrone, lo fa ancor meglio il dirigente pubblico, che agisce in maniera repressiva, protetto da tale anomia, che gli consente di costruire una anti-nomia, finalizzata al potere della politica e dei suoi lacchè. Esiste un’ampia fascia di colletti bianchi, che rappresentano l’esercito del sistema sociale, baluardo della politica. E’ grave che, all’interno di questo esercito di morti viventi, ci stanno uomini di cultura, che hanno rinunciato all’onestà di un ruolo storico dignitoso, vendendosi a chi li paga meglio (vedi la televisione e le università). E’ vero che, in un vuoto di cultura, sguazzano gli opportunisti, ma i falsi profeti sono sempre esistiti perché servono a mantenere questo vuoto, dove un intellettuale serio rischia di affogare, con la felicità degli incolti. Mi capita d’incontrare artisti seri, di valore, che fanno la fame, come pure ragazzi volonterosi che mendicano un lavoro e padri di famiglia che hanno timore d’incontrare lo sguardo dei figli perché impossibilitati a rispondere alle loro richieste. Deve nascere una nuova cultura, del vero sapere, nella quale l’uomo riprenda la sua centralità, e il suo obiettivo sia quello di sapere risolvere i problemi della vita e garantire un senso di tranquillità umana. Gli esseri viventi, oggi, sono tutti scontenti perché, diversamente da prima, quando un margine di solidarietà e di aspirazione alla felicità era consentito, con una visione positiva della famiglia come valore, prima che la guerra sconsiderata tra sessi sacrificasse i figli, assommano al dramma metafisico della morte, il disturbo materiale del disagio terreno. Forse la mia è una metanomia.

 Prof. Antonio Vento

06-04-10 
 

 

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